STEFANO RICCI: “All in” sui giovani

Un personaggio importante nell’ambito del settore giovanile è con noi oggi qui nel blog per farci scoprire tutti i segreti degli ultimi campioni arrivati in Serie A e la filosofia del grande lavoro che ci sta dietro.

Stefano Ricci, dopo una bella carriera da calciatore, si è innamorato del mondo giovanile e da anni, al fianco di Pantaleo Corvino, crea, scopre e lancia tanti campioni.

Sono svariate le componenti per sviluppare un giocatore e anche un settore giovanile, ma la programmazione, la preparazione e direi, soprattutto, la pazienza sono alla base della ricetta di successo.

“Ho avuto la fortuna di essere cresciuto nell’Inter: ho fatto tutta la trafila del giovanile e vissuto tutto il mio percorso di crescita sia da calciatore che da uomo. Penso che sia quello che un po’ manca oggi e che si dovrebbe tornare a fare. Vivere per otto – dieci anni in un ambiente altamente formativo ti rimane dentro! Entrando da bambino in questo ambiente, impari a vivere, cresci con delle regole che ti accompagnano fino alla maggiore età e nel mio caso alla prima squadra… Poi le cose cambiano e il giocare a calcio nei professionisti diventa un lavoro e quindi un gioco meno divertente”.

A fine carriera hai voluto tentare l’esperienza estera al Roosendaal

“Una cultura diversa, all’epoca c’erano pochi italiani perché noi siamo molto radicati nelle nostre tradizioni… Ho trovato un popolo affascinante, le famose colonie olandesi con tutte quelle diverse etnie, molto bello tutto e sono stato bene; dal punto di vista del lavoro, in campo, noi siamo più metodici e più tattici, basti pensare alle palle inattive… Lì invece si lavorava molto di più, con un’intensità decisamente più alta e soprattutto con una abnegazione totale sempre. In più c’era e c’è il culto del gioco, lasciando spesso la fase difensiva a se stessa e basata su tanti 1 contro 1; essendo un difensore italiano, ho fatto un po’ fatica ma è stato molto stimolante affrontare squadre come Ajax, PSV Eindhoven e Feyenoord e marcare calciatori come Kezman e Van Nistelrooy”.

LA PILLOLA

…”Ci vuole il coraggio di far giocare i giovani! In Italia dicono sempre… “E’ bravo ma non è ancora pronto”. Come fa un ragazzo a essere pronto se non lo si fa giocare e sbagliare?! Il giovane ha il diritto di sbagliare!……!”.

Per te è stata quindi anche un’esperienza formativa

“Assolutamente si! Sono andato a giocare lì soprattutto per studiare e vivere la metodologia olandese, che risultava innovativa già 20 anni fa; rimasi folgorato per l’attenzione, la pazienza, la cura dei dettagli con cui si lavorava con i bambini della scuola calcio… Per loro era ed è un’abitudine! Per dare un’idea di quanto importante fosse la cura del settore giovanile, ricordo un episodio davvero lampante: con la prima squadra del Roosendaal ci allenavamo come sempre nel campo principale del centro sportivo ma quando c’erano da giocare le partite delle U14/ U16 noi ci spostavamo nei campi secondari, lasciando il campo centrale alla squadra giovanile, cosa che in Italia è impensabile”.

Il tuo focus sul calcio italiano

“Onestamente negli ultimi 3-4 anni stiamo tornando a ricrescere i ragazzi dal basso; forse per una cosa economica o forse perché abbiamo capito che costruendosi calciatori in casa è più conveniente e lungimirante. Ad esempio nella mia esperienza di Firenze, al fianco di Pantaleo Corvino, tanti ragazzi sono arrivati a giocare in prima squadra: Chiesa, Vlahovic, Castrovilli, Dragowski sono tutti cresciuti nel settore giovanile viola. Ci vogliono tanti anni per sviluppare e vedere risultati di un settore giovanile e Pantaleo essendone un fautore è riuscito a ricrearlo a Firenze… Quando tornai in Italia nel 2002 era un’utopia farlo! Oltre a questo poi ci vuole il coraggio…”.

Spiegati meglio

“Ci vuole il coraggio di far giocare i giovani! In Italia dicono sempre… “E’ bravo ma non è ancora pronto”. Come fa un ragazzo che si affaccia alla prima squadra a essere pronto se non lo si fa giocare e sbagliare?! Il giovane ha il diritto di sbagliare! Tanto di cappello a Paulo Sousa, ex allenatore della Fiorentina, che ha avuto il coraggio di gettare nella mischia Chiesa contro la Juventus alla prima giornata, subendo anche critiche dell’opinione pubblica. Oggi ci sono altre figure che stanno lavorando bene: penso a Michele Sbravati al Genoa, penso a Maurizio Costanzi dell’Atalanta ma anche Gianni Invernizzi della Sampdoria”.

La tua esperienza a Firenze è terminata… E ora?

“Ora aspettiamo l’evoluzione del calcio e come ripartire una volta che questa emergenza sarà stata superata; nel frattempo grazie all’amico e imprenditore Alberto Saracco, stiamo cercando di creare un settore giovanile come piace a me, tenendo conto di tutto quello che ci siamo detti fino ad ora. La scuola calcio si chiama Goliardicapolis 1993, mi sto coinvolgendo molto e a prescindere da dove lavorerò non mancherà mai il mio impegno a questo progetto. Il lavoro dello scouting va avanti comunque e sono sempre in continuo movimento alla ricerca dei nuovi talenti; tra l’altro sto elaborando l’idea di aprire una società di scouting che possa lavorare parallelamente con le società”.

Le scuole calcio… Cosa ne pensi?

“Sono la fortuna dei ragazzi di oggi e di quelli del futuro ma a una condizione: siano fatte per ottenere qualità e non per fare business. Bisogna capire che i tempi sono cambiati, la famosa “strada” non esiste più, inutile evocarla anche perché è vero che dava tanto, ma creava anche tanti difetti difficili da correggere in un secondo momento. Il bambino di oggi va allenato alla vita e quindi a saper prendere decisioni… Scelte! La scuola allenatori italiana è sempre la numero 1 al mondo e credo che il miglioramento degli ultimi anni sia dovuto anche al fatto che i nostri allenatori abbiano fatto esperienze all’estero! Basti pensare al nostro CT della Nazionale Roberto Mancini che nelle sue esperienze estere ha toccato con mano la valorizzazione dei giovani e ora lo stiamo vedendo nella nostra nazionale maggiore”.

Cosa consiglieresti agli allenatori?

“Ci sono due componenti che ciascun allenatore, secondo me, deve tenere in mente: la prima è quella che si deve capire il “prodotto” calciatori che si ha in mano e in secondo luogo valutare attentamente l’aspetto psicologico che differenzia ogni giocatore… La chiave? Entrare nella testa dei calciatori, se ci riesci nulla ti può fermare!”.

Interessante scoprire le idee e la visione di uno dei più importanti scout del calcio italiano: Stefano crede e punta tutto sui giovani e sullo sviluppo del calciatore, fin da bambino. Il calcio come palestra di vita è un percorso formativo che deve forgiare innanzitutto l’uomo e poi il calciatore.
 In attesa di rivederlo nella stanza dei bottoni di una squadra di serie A… Un grande in bocca al lupo Stefano!
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LE COORDINATE DI STEFANO RICCI:

Stefano Ricci, Desio (Monza Brianza) 3 settembre 1974 è un ex calciatore italiano, di ruolo difensore. E’ in possesso del patentino da Direttore Sportivo dal 2017.

– 6 PRESENZE IN EREDIVISIE (SERIE A – OLANDA)
– 99 PRESENZE IN SERIE B
– 49 PRESENZE IN SERIE C1
– 11 PRESENZE IN SERIE C2
– 6 PRESENZE IN COPPA ITALIA

STAGIONE SQUADRA CATEGORIA PRES GOAL
2001/2002 RBC ROOSENDAAL SERIE A – OLANDA 6
1999/2000 SALERNITANA SERIE B 21
1998/1999 LUCCHESE SERIE B 27
Gen 1998 PRO PATRIA SERIE C2 11
1997/1998 SIENA SERIE C1 13
1996/1997 ANCONA SERIE C1 7 0
1995/1996 ANCONA SERIE B 31 3
1994/1996 LECCE SERIE B 20
1993/1994 CASARANO SERIE C1 29
1991/1993 INTER SERIE A 0 0

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